L’urgente novità

L’urgente novità

“Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno”.

Questa sera è per noi l’inizio dei mesi, il primo dei mesi dell’anno. Poiché in questa sera trova senso e fondamento la vita della nostra comunità e, quindi, il nostro essere cristiani, il nostro essere Chiesa.

Se dovessero chiederci: che cosa state facendo questa sera? Potremmo rispondere senza timore: noi stiamo facendo la Chiesa, noi siamo la Chiesa oggi.

Noi, cioè la Chiesa, abbiamo origine nella notte in cui Gesù celebra la sua ultima e definitiva Pasqua, lavando i piedi ai suoi amici perché noi facessimo altrettanto, sostituendosi all’agnello rituale per il sacrificio, donandoci per sempre l’Eucaristia, come nutrimento e comandamento.

L’eucaristia è nutrimento e il comandamento della Novità. Il pane azzimo, cioè non lievitato, era cotto quando, nel primo plenilunio di primavera, si buttava via il lievito vecchio finché l’impasto fermentasse di nuovo, diventando lievito per l’anno a seguire. Anche il modo di consumare la cena era come un annuncio di novità. I fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano indicavano la nuova condizione dei figli d’Israele: non più schiavi, ma finalmente liberi di camminare oltre il deserto, poter diventare un popolo.

Ma il pane che non fa in tempo a lievitare, il pasto in piedi e pronti al viaggio ci suggeriscono un’altra indicazione importante: “Lo mangerete in fretta! È la Pasqua del Signore”.

L’eucaristia è il nutrimento e il comandamento della Fretta. Mi sono soffermato su questa urgenza di novità, opposta a tutte le nostre lentezze. Non solo nuovi come il pane, ma anche in fretta, come chi non può più rinviare il viaggio. Perché ora si compie il giudizio di Dio. Oggi egli ci troverà svegli ad attenderlo o addormentati nelle nostre abitudini. Con l’abito nuovo della dignità filiale oppure vestiti con gli stracci logori delle nostre illusioni. Liberati o ancora schiavi.

Anche la Chiesa, e la nostra comunità parrocchiale, deve diventare nuova. E deve diventarlo subito. Perché potrebbe non esserci più il tempo e la possibilità.

Ci esorta papa Francesco: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”.

Siamo tutti chiamati, allora, a stare in contatto con le famiglie e con la vita della gente, e non a essere “un gruppo di eletti che guardano a se stessi”.

Questa novità urgente su cui si fonda la nostra fede, speranza e carità, suggerisce infine il Papa: “esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del ‘si è fatto sempre così’”.

Mentre stavo pensando a chi fare la lavanda dei piedi quest’anno, una catechista mi ha confidato il desiderio dei ragazzi del proprio gruppo di farseli lavare. Avevo in mente altro, ma forse stavo chiudendomi alla novità di Dio che sono i ragazzi della nostra comunità, ai quali dobbiamo tornare a lavare i piedi. Questa sera io, per tutti. Ma poi tocca anche a voi, soprattutto ai genitori e agli educatori. Ricordandoci che “lavare i piedi” non significa darvi delle cose fino a farvi scoppiare, ma permettervi di incontrare Gesù, di riconoscerlo come amico, attraverso la nostra testimonianza di fede, speranza e carità. Stasera voi rappresentate tutti i ragazzi e le ragazze della nostra comunità, anche quelli che non vengono mai, che non conoscono Gesù, che preferiscono starsene rinchiusi nel loculo della loro stanza, ammaliati dai fuochi fatui degli smartphone, che ci fanno stare da soli tutti insieme. Anche quelli che cominciano a sperimentare l’alcol, altre sostanze e il sesso, come idoli che alla fine non danno nessuna risposta importante sulla vita e sulla felicità. E noi adulti, continuiamo a fare finta di niente. Ignorandovi.

Invece il gesto che compiremo tra poco, facendo memoria di quanto Gesù ha voluto fare ai suoi amici più cari, ci ordina di smettere di essere ipocriti e indifferenti.

L’eucaristia, infatti, è nutrimento e il comandamento della Carità. E finché nelle nostre celebrazioni eucaristiche e nella nostra vita non saranno rintraccia i segni di questo gesto supremo di Gesù, noi non saremo credibili, né come uomini né come cristiani, davanti a Dio, agli altri e a noi stessi.

Non dobbiamo più permetterci di essere indifferenti alla Parola del Vangelo e lenti nella conversione, lenti alla Novità del Signore che sta in mezzo a noi. Attaccati alle nostre abitudini e comodità anziché a Lui. La misura di questa pigrizia spirituale è l’ostinazione a non leggere mai gli avvisi parrocchiali, a non ascoltare sul serio, a non sentirsi mai interpellati in prima persona di fronte alla proposta di qualche iniziativa.

Non dobbiamo più mormorare nell’ombra, senza correggere il fratello che sbaglia, anzi godendo del suo errore. Non dobbiamo più insinuare sospetti, senza chiarire i  fatti e senza chiamare in causa le persone, spargendo zizzania e sospetto. Piuttosto, in alcuni casi, dobbiamo imparare a tacere.

Non dobbiamo più lamentarci di essere pochi, di essere sempre gli stessi, se non abbiamo il coraggio di coinvolgere quanti incontriamo ogni giorno. Non possiamo più permetterci di sembrare una casta chiusa, che non si occupa di chi è lontano. Non per giudicarlo, ma per amarlo e accoglierlo.

Deve cessare in questo Anno Santo della Misericordia ogni rancore e pregiudizio tra noi. Deve essere ricomposta ogni divisione e discordia tra noi. Non si deve più sentire chi si mette a servizio nella nostra comunità, riferirsi agli altri con lo stesso atteggiamento del fratello maggiore della parabola nei confronti del fratello minore.

Non si può più continuare a dividere caparbiamente ed egoisticamente la nostra unica comunità in quelli di qua e quelli di là, e gruppi e gruppetti e gruppettini. Ipocriti, come gli scribi e i farisei, che condannarono a morte il Signore.

Fratelli e sorelle, cosa facciamo questa sera dentro al Cenacolo con Gesù? Guardando alla mia indegnità, alle mie lentezze e alle mie chiusure, mi verrebbe da rispondere con le parole del salmo con cui abbiamo pregato poco fa: Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto?”. Cosa gli donerò stasera? Probabilmente nulla. E forse non sono l’unico.

Allora vale la pena ricordarsi di Giuda, il traditore, per il quale Gesù intinge il boccone migliore e glielo porge. Quasi a dargli una ulteriore possibilità. Vale la pena ricordare anche i piedi di Pietro, anche lui traditore in questa notte, insieme a noi. Quanta tenerezza e pazienza Gesù gli ha concesso, nel tentativo di abbattere quell’ultima resistenza a lasciarsi amare nella sua indegnità.

L’eucaristia è il nutrimento e il comandamento. Dell’amore del Padre senza misura. Dell’amore del Figlio fino alla fine. Dell’amore dello Spirito Santo per noi oggi.

Allora lasciamoci lavare i piedi da Gesù, questa sera, e impariamo a vivere la comunione tra di noi e l’amore verso tutti. Lasciamo che egli ci conceda il cibo buono della sua stessa Vita, non come premio dei perfetti ma sostegno dei peccatori. E in fretta, possiamo abbandonare il deserto di ogni schiavitù, e ricevere il dono della Vita.

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