Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada (Is 62,1).
A scuola ho avuto insegnanti meravigliosi. Alcuni molto bravi nella rispettiva materia. Ma hanno segnato profondamente la mia vita, quelli che mi hanno introdotto alla bellezza e mi hanno inculcato la pratica della curiosità.
Negli anni del liceo, non eravamo soliti aderire agli scioperi organizzati per saltare le lezioni, organizzati dalle altre scuole. Ma nel 1990 scendemmo in piazza, anziché entrare a scuola, anche noi del Classico: era la Guerra del Golfo e noi protestavamo contro la guerra.
I nostri modelli di riferimento erano Mahatma Gandhi, Martin Luter King, che avevano cambiato la società del loro tempo, secondo il principio della “non violenza”. Per alcuni c’era anche il Vangelo, negli anni in cui in parrocchia si parlava anche delle questioni sociali e non solo di sentimenti e liturgia. Preciso: non solo.
Scendevamo in piazza anche con il gruppo parrocchiale: alla marcia per la Pace, alla Giornata per la Vita, nella Giornata mondiale dei Giovani. La piazza era il prolungamento diretto e necessario di quello che vivevamo in famiglia, imparavamo a scuola, sperimentavamo in parrocchia.
Ho avuto il dono di avere anche in seminario formatori che mi hanno insegnato a prendermi cura della mia libertà e ad agire nella libertà e con responsabilità, secondo coscienza, sempre. Sono stato “un ragazzo fortunato”, per citare una canzonetta di quegli anni.
Oggi sono tornato in piazza per la pace in Palestina. Certo lo so che ci sono tante altre guerre per cui si dovrebbe manifestare, ma credo che una manifestazione per una situazione particolare non intenda negare tutte le altre. Sono convinto che l’attenzione su una situazione particolare, possa risvegliare le coscienze su tutte le altre.
Oggi sono tornato in piazza per la pace in Palestina. Certo lo so che ci sono stati anche dei disordini e degli atti violenti, ma la storia ci insegna che anche nelle iniziative più nobili non mancano mai qualche imbecille e qualche criminale. Anche Ghandi e King hanno organizzato manifestazioni, hanno indetto scioperi, hanno "fermato" le città. Molto spesso, ci furono disordini e atti violenti. La storia dovrebbe averci insegnato a distinguere la voce genuina del popolo da quella dei violenti scalmanati e criminali. E a isolare questi, sostenendo gli altri.
Oggi sono tornato in piazza per la pace in Palestina, quasi di nascosto, perché alcuni sostengono che un prete non deve fare politica. Credo lo abbiano detto anche a san Giovanni Bosco, a suo tempo, quelli della borghesia torinese; lo hanno detto a san Massimiliano Kolbe, quelli che lo hanno arrestato e ucciso ad Auschwitz; lo hanno pensato di san Giovanni Paolo II, quando pronunciava parole dure contro la mafia e ci metteva in guardia dal pericolo del comunismo e del capitalismo che non mettevano al centro la persona umana. Sono stati ammazzati perché invece di “pensare alle anime”, il beato Pino Puglisi e don Peppe Diana si occupavano anche di quello che accadeva in piazza, provando a cambiare il mondo, non smettendo di fare i preti, ma ancora di più perché erano preti. Credo lo abbiano pensato anche di Gesù, quando parlava di amare il nemico, di predilezione per i poveri, di superamento della giustizia… Trovatemi un passo del vangelo in cui Gesù non si schieri!
Oggi sono tornato in piazza per la pace in Palestina e ho guardato i volti di quelli che stavano con me. Ho fissato la mia attenzione sui loro occhi e le loro mani, prima che sulle bandiere. E lo so, che non è facile trovare il posto giusto in cui collocarsi, né troppo a destra né troppo a sinistra. Non è facile trovare il tono giusto e il modo. Ci sta l’errore, ci sta l’imperfezione, ci sta l’esagerazione, ci sta il fraintendimento. Ogni giorno, ci sta la possibilità di sbagliare, ma anche la necessità di trovare il proprio posto, il tono, il modo per rispondere alla realtà. E alla fine della vita, vorrei la consapevolezza di aver sbagliato molto, più che quella di non aver fatto niente.
Oggi sono tornato in piazza per la pace in Palestina, perché lo Spirito profetico che anima la Chiesa e me, dal giorno del battesimo, gli insegnamenti ricevuti, i modelli incontrati, non possono essere messi a tacere. Anche con un atto politico in una società distratta, contro un Governo che ritengo ingiusto, contro i crimini commessi da Israele, contro la violenza di quelli che credono di cambiare il mondo sfasciando tutto, contro gli intellettuali che esaminano, analizzano, senza sporcarsi, sempre in bilico, sempre dalla parte giusta. Per la Pace e per la Giustizia, secondo il Regno di Dio.
Oggi sono tornato in piazza per la pace in Palestina, perché sono un prete difettoso e incoerente, capace di grandi errori, indegno di tutti i doni ricevuti, ma devo occuparmi anche delle anime addormentate che stanno nelle nostre chiese. E devo ricordare loro che la Chiesa è stata costituita “profetica” e non “diplomatica”, che il Vangelo ci spinge sempre alla verità e mai alla moderazione, sempre provocatoriamente eccessivo. Ricordare che meglio un cristiano che sbaglia, di uno che non faccia niente. Che è meglio essere troppo caldi o troppo freddi, piuttosto che essere tiepidi, vomitati dalla bocca di Dio, dice l’Apocalisse.
7 commenti
Bellissimo articolo Restiamo Umani 🙏🙏🙏🙏🙏🌿
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