Memorie di un pellegrino

Memorie di un pellegrino

Quattro anni fa iniziavo il mio pellegrinaggio verso Santiago de Compostella. E la mia vita è cambiata. Come cambia ogni volta che i sogni di un pellegrino vengono raccolti dalla Misericordia e baciati dalla Grazia di un Padre benedicente e fantasioso. Come cambia quando si incrociano i passi con compagni straordinari, per i quali non finirò mai di rendere grazie.

Da tanti anni andavo desiderando di percorrere le strade del Cammino di Santiago de Compostela. Sempre rimandando tutto, anno dopo anno. Avevo letto tante guide ed esplorato numerosi siti web. Avevo incontrato alcuni amici che avevano vissuto quel pellegrinaggio.
Poi nel 2007 la decisione. Il permesso del Vescovo per allontanarmi per un mese dalla parrocchia, la condivisione del mio progetto con i parrocchiani, la ricerca di chi avesse supplito alla mia assenza. Poi l’organizzazione del viaggio, lo studio delle tappe, la ricerca dell’attrezzatura più adatta.

La partenza

Il 29 giugno 2008, finalmente, iniziava il mio pellegrinaggio. Il giorno seguente ero a San Jean Pied-de-Port, alle pendici dei Pirenei. E il primo giorno di luglio la prima tappa a piedi fino a Roncisvalle, praticamente in solitaria, poiché avevo deciso di partire da solo. Scrivevo a fine giornata: “La lettura del vespro diceva: che gioia ci ha dato il Padre di essere chiamati sui figli. Quella di essere figlio nelle mani del Padre è l’esperienza che ho fatto oggi. Alcuni incontri, l’acqua fresca, il vento che mitigava l’irruenza del sole”. Da lì in avanti non mi sarei più sentito solo! Misteriosamente.
Come riassumere gli 800 chilometri percorsi in un mese, oppure raccontare degli incontri vissuti, i volti e gli abbracci, i dolori e la misteriosa energia che ogni mattina spinge a camminare ancora? Riassumo così: ho imparato ad essere pellegrino!
Ho abbandonato ogni programma e le minuziosi previsioni, limitandomi ad accogliere semplicemente tutto come dono. Invece della “guida” ho cominciato a camminare secondo il ritmo antico della terra, contando i passi, senza rimanere più di un momento in ogni luogo, eppure sentendomi sempre e ovunque a casa.

 

Gli occhi, le gambe e i piedi, le braccia e le mani, il cuore continuamente provocati dalla gratuità. Rinvigoriti dalla gratitudine e dalla compagnia di tanti fratelli e sorelle. Sempre nella gratuità e nella gratitudine ho vissuto giorni attraversati dal coraggio e dal rimpianto, dal dolore e dalla forza. La gioia per l’amico ritrovato e la nostalgia per chi è ormai altrove.

Le domande della strada

E dopo la montagna e le verdi vigne, i villaggi pittoreschi e lo stupore per ogni avvenimento, sono arrivati i giorni della meseta. Del deserto che insegna la purezza dell’essenzialità e la potenza della Grazia. Ho avuto l’occasione di camminare in silenzio, e spesso nel dolore fino alle lacrime. E nella precarietà ho potuto guardare in faccia il mio peccato, senza accampare scuse e senza paura, scoprendo davanti a me un orizzonte sconfinato che mi indicava molto di più che un luogo geografico. La strada mi chiedeva di rivisitare la mia intera esistenza, per cercare la vera meta, che è la felicità. 

 

E mentre la strada polverosa mi è apparsa come un deserto in fiore, reso prezioso da ogni storia che sono riuscito a raccogliere, da ogni persona che ho imparato ad amare.
E quando sono iniziati i giorni della rigogliosa Galizia, cresceva in me la consapevolezza che “vicino” e “lontano” – termine spesso utilizzato nelle nostre comunità – sono dettagli inutili per il mio cuore ricco di fratelli e sorelle, nomi che ancora porto nel cuore.

 

Finalmente il 29 luglio 2008 entravo nel santuario di San Giacomo, dopo una lunga tappa di 40 chilometri, con Sara, Walter e Cristina. Scrivevo in quel giorno: “Ormai i doloretti non li sento neppure più: le gambe vanno da sole, per conto loro; la testa ed il cuore, a volte vorrebbero tornare indietro, a volte vorrebbero già essere a casa. Ma sono gambe, testa e cuore felici! In questi giorni, persi nelle foreste galiziane, cominciamo tutti a pensare al rientro alla normalità e alla verifica del cammino fatto. Come dice Gesù: beato quel padrone di casa che sa tirare fuori cose antiche e nuove. Così spero! Tornare alla vita consueta, nuovo! Vivere la mia storia di sempre, nella novità continua!”.

 

Il giorno dopo, alla messa del pellegrino delle 12, ci siamo ritrovato con coloro che avevano accelerato il passo o erano rimasti un po’ indietro. Ci siamo abbracciati.
Prima di tornare in Italia, la sosta a Finisterre, per contemplare l’oceano, per prepararsi al ritorno. Per me era essenzialmente il ritorno in parrocchia. Ma inaspettatamente, appena qualche giorno dopo il mio rientro, mi veniva chiesto di abbandonare i miei programmi: la proposta di mettermi a servizio dell’Azione Cattolica, come assistente nazionale dell’ACR. Il mio pellegrinaggio continua ancora oggi, attraverso gli incontri che sono chiamato a vivere in tutta Italia. Con occhi sempre curiosi, cuore aperto, gambe pronte.

Nostalgia del cammino
A distanza di qualche anno continuo ad essere pellegrino e ad avere nostalgia del Cammino. So che appena il Signore vorrà percorrerò ancora quelle strade, che hanno profondamente cambiato il mio modo di vedere il mondo e di essere prete.
Tre cose in particolare porto nel cuore: la consapevolezza dei miei limiti e della misericordia di Dio; la bellezza di condividere strada, idee e pensieri con tutti; la certezza di essere sempre un po’ forestiero, ma mai solo. Cerco di ricordarlo ogni giorno nell’ascolto della Parola e nell’eucaristia, nel servizio alla Chiesa, nell’incontro con tutti. Continuo ad annotare qualcosa in un blog in cui sarete sempre i benvenuti (www.appuntidiunpellegrino.blogspot.com).
Il mio peregrinare, le mie scoperte, gli orizzonti aperti e le fatiche, le domande e le inquietudini ho provato a raccoglierle anche in un libro appena pubblicato, nel quale così descrivo il mio Cammino verso Santiago de Compostela: “Ho vissuto 29 giorni soltanto con il mio zaino, con pochissime cose, che era quasi impossibile perderle, camminando finalmente libero. Così i miei pensieri si sono purificati. Ho ricordato che la Chiesa è luogo di incontro. Riparo dalla calura e rifugio per chi è solo. Comunità di coloro che sanno porsi domande autentiche, rischiando di perdersi nel mistero ma rinunciano a confezionare risposte sterili. Così non ho più risposte. Solo domande. E finalmente sono libero. Perché Gesù cammina con me e lo riconosco nel volto di chi mi è accanto” (Dino Pirri, Dalla sacrestia a Gerico, editrice Ave).
Lungo il cammino ho scritto: “Chi fa’ il Cammino, il pellegrino non è né un pazzo né un eroe. Il Cammino non è un assoluto, ma un piccolo “gioco” che rappresenta la vita. Le sofferenze, le difficoltà, gli imprevisti sono poca cosa rispetto al gioco più grande della vita. Tanto per dire che nel “piccolo gioco” si sperimenta la presenza del Signore, che certo non si perderà nel “grande gioco” della Vita. Io lo so ormai e lo ricorderò per sempre: spero anche voi! E credo che non sia importante cosa troverò a Santiago, ma il cammino percorso e cosa troverò al ritorno. Poiché non si cammina per trovare qualcosa, ma ci si mette in marcia proprio perché si è trovato il Tutto. Credo”.

 

A coloro che si sentono chiamati a recarsi presso la tomba dell’apostolo Giacomo, sento di dover dire con semplicità Ultreya! Come usano salutarsi i pellegrini: Avanti!
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