L’idolatria ci immette tutti in un circuito chiuso di attese mai soddisfatte, che però ci tengono lì, in sospeso. Come una prostituzione, in cui si usa qualcosa o qualcuno, per ingannare l’attesa.
E si hanno delle conseguenze. Nascono tre figli a Osea e Gomer.
E Dio impone il nome al primo figlio, perché tu puoi credere a tutto e a tutti, ma prima o poi qualcuno verrà a svegliarti e a dare il posto giusto e il nome vero ad ogni cosa, persona, sentimento.
Dio vuole che questo primo figlio si chiami Izreèl. Ed è un bel nome. Vuol dire “Dio semina”. Effettivamente, quante speranze si ripongono nel primo figlio, il quale pare che debba ripagarci di tutta la nostra vita mancata. Al primo figlio consegniamo tutte le nostre risorse, attenzioni, timori, aspirazioni, desideri di eternità.
Il primo figlio si chiamerà Izreél. Una magnifica città posta sull’attuale piana di Esdrelon, una graziosa valle distesa tra i monti di Galilea e di Samaria. Per la grande abbondanza di grano e foraggio, era ritenuta il polmone economico del regno.
Ma Izreél è anche un nome di sangue. Una prosperità insanguinata.
Nella valle di Izreèl, il profeta Elia sfidò da solo quattrocentocinquanta falsi profeti del dio Baal, li sconfisse prodigiosamente e li sgozzò, uno dopo l’altro, tutti e quattrocentocinquanta.
Nella valle di Izreèl, Ieu, appena designato nuovo re dal profeta Eliseo, raggiunge il suo predecessore e antagonista, Ioram, il quale vi si era rifugiato per curare le ferite avute in battaglia. In quel momento si trova insieme a Ioram anche Acazia, re di Giuda, poiché era andato a visitarlo.
«Quando Ioram vide Ieu, gli domandò: "Tutto bene, Ieu?". Rispose: "Come può andare tutto bene fin quando durano le prostituzioni di Gezabele, tua madre, e le sue numerose magie?". Allora Ioram si volse indietro e fuggì, dicendo ad Acazia: "Tradimento, Acazia!". Ieu, impugnato l'arco, colpì Ioram tra le spalle. La freccia gli attraversò il cuore ed egli si accasciò sul carro» (2Re 9,22-24).
Ioram era figlio del re Acab e di Gezabele, che erano visti come il simbolo del male e di tutte le idolatrie di Israele. Il male assoluto, secondo la Bibbia.
Alcuni anni prima, un tale «Nabot di Izreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al palazzo di Acab» (cfr. 1Re 21,1-29). Il re desiderava possedere la vigna di Nabot, per farsene un orto. Il re avrebbe pagato il giusto prezzo, ma Nabot rifiutò l’offerta. Il possesso della terra era ritenuto un dono di Dio. Vendere la terra, poteva significare il rifiuto del dono di Dio.
Re Acab non si rassegna. Non ci mangia e non ci dorme per la rabbia. Sua moglie Gezabele gli domanda ragione di quella insonnia rabbiosa. E conosciuta la causa, propone il rimedio.
«Ella scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai notabili della città, che abitavano vicino a Nabot. Nelle lettere scrisse: "Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi, i quali l'accusino: "Hai maledetto Dio e il re!". Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia"».
E così accadde. «Lo condussero fuori della città e lo lapidarono ed egli morì». La religione è sempre stata un’ottima scusa per eliminare avversari e ribelli. E re Acab può finalmente prendere possesso della sua vigna, per farne un orto.
«Allora la parola del Signore fu rivolta a Elia il Tisbita: "Su, scendi incontro ad Acab, re d'Israele, che abita a Samaria; ecco, è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderne possesso. Poi parlerai a lui dicendo: "Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi!". Gli dirai anche: "Così dice il Signore: Nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue"»...
La discendenza di Acab è maledetta.
«Anche riguardo a Gezabele parla il Signore, dicendo: "I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl". Quanti della famiglia di Acab moriranno in città, li divoreranno i cani; quanti moriranno in campagna, li divoreranno gli uccelli del cielo"».
Pare che nessuno, nella storia di Israele, abbia commesso un male così grande, come quello di Acab e Gezabele, i quali seguirono gli idoli, come facevano le nazioni straniere.
Ieu fa gettare il cadavere di Ioram, figlio di Acab, proprio nel campo che era stato sottratto a Nabot. E poi fa uccidere anche il Acazia, re di Giuda. E quando arriva in città, fa gettare Gezabele dalla finestra.
«La gettarono giù. Parte del suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli, che la calpestarono... Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani… "Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele. E il cadavere di Gezabele sarà come letame sulla superficie della campagna nel campo di Izreèl, così che non si potrà più dire: Questa è Gezabele"». (2Re 9,33-37).
A Izreèl saranno esposte le teste mozzate dei settanta figli di Acab e Gezabele.
E il Signore disse a Osea:
"Chiamalo Izreèl,
perché tra poco punirò la casa di Ieu
per il sangue sparso a Izreèl
e porrò fine al regno della casa d'Israele.
In quel giorno io spezzerò l'arco d'Israele
nella valle di Izreèl" (Osea 1,4-5)
Izreèl, magnifica città e prospera vallata, rimarrà per sempre nella memoria come luogo di sangue, violenza e sterminio. Come chiamare il proprio figlio primogenito: Auschwitz o Hiroshima. Se lo ricorda per tutta la vita.
Tanto per ricordare, che l’idolatria, per quanto possa apparire inizialmente piacevole e superficialmente appagante, ha sempre conseguenze di morte.