In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti (cfr. Matteo 13,44-52).
Il regno dei cieli non è un luogo, ma un’azione. “Regno dei cieli”, nella lingua parlata da Gesù, è il modo di dire la volontà di Dio, il suo agire nella mia vita, il suo stare nella storia. Non si tratta di futuro e nuvolette, ma della mia concretezza attuale.
È come un tesoro nascosto nel campo, la volontà di Dio, il suo sguardo pieno d’amore, la sua tenerezza che guarisce, la sua presenza negli affari quotidiani. E quando lo trovo sono riempito di gioia e decido di non mollarlo più, costi quel che costi.
È come un mercante che va in cerca di perle preziose, ma quando trova la perla più bella, perde interesse per tutte le altre. Non è questione di senso del dovere, il regno dei cieli, ma di irresistibile attrazione.
Quando incontri Dio senti esattamente queste tre cose: gioia piena, attrazione irresistibile e ardente desiderio della sua presenza.
Quando, una notte, Dio dice al giovane re Salomone: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda», egli non esita.
«Signore, mio Dio, tu mi hai messo a fare il re del tuo popolo al posto di mio padre Davide, benché fossi ancora un ragazzo. Avrei bisogno di un sacco di cose, ma ti chiedo soltanto un cuore capace di riconoscerti dentro tutto questo mio aggroviglio di desideri».
La gioia dell’incontro con te, la bellezza del tuo amore e la dolcezza del tuo sguardo. Dammi la capacità di riconoscere i segni della tua presenza dentro la mia vita, così com’è oggi. Che ci sei. Che mi guardi. Che mi abbracci. Che hai cura di me. Che ti appartengo.
È come una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci: il tempo, gli averi, la fatica, gli impegni, le relazioni, gli affetti, i desideri, i progetti, le abitudini, le sicurezze, la salute.
Ma cosa ci rimarrà dentro alla fine?
Qualcosa che mi soddisfa pienamente o che mi lascia sempre con un vuoto fastidioso? Qualcosa che non finisce o che è destinato ad esaurirsi, mettendomi continuamente in ansia? Qualcosa che nessuno mi porterà via o che potrebbe essermi tolto, consumandomi di egoismo e sospetto?
La salute è precaria, la ricchezza è effimera, il successo dura poco, gli affetti si deteriorano, la tranquillità non esiste. E posso accettare il compromesso di ciò che è bello finché dura.
Oppure desiderare l’incontro con quell’amore, con quella bellezza, con quella gioia, che vale più di ogni altra cosa e che non finisce e che nessuno mi porterà mai via. E allora è tutta un’altra storia, godimento vero, felicità senza fine.
Come un tesoro nascosto, come una perla preziosa, come una rete piena.