Femminicidio!

Femminicidio!

La bella festa del Natale del Signore sembra essere turbata da una iniziativa “pastorale” di don Piero Corsi, rimbalzata tra diversi mezzi di comunicazione ed elogiata da un noto portale web che non intendo nominare.

Non voglio entrare nel merito di ciò che è accaduto nella comunità parrocchiale di Lerici, poiché sappiamo che non sempre i “copia e incolla” giornalistici mostrano tutte le sfaccettature della realtà. Ovviamente. Provo solo a fare una riflessione personale su questa espressione, che a me pare proprio brutta: femminicidio. Brutta, quasi dispregiativa, riferita a un genere sessuale più che a persone, ma non so trovarne altra efficace.

Un editoriale di P. lo definisce “una assurda leggenda nera messa in giro da femministe senza scrupoli”. Non ho elementi per valutare questa affermazione, ma rimango sbigottito da quanto scritto dal parroco: “è colpa della donna che provoca con abiti succinti. Le donne facciano autocritica, quante volte provocano, cadono nell’arroganza e si sentono indipendenti? Se lo sono andate a cercare”. E anche se fosse? Abbiamo reintrodotto la legge del taglione “occhio per occhio e dente per dente”? Per la serie se sei arrogante, indecente e libertina (come detto in sostanza nel volantino) allora meriti una punizione violenta e magari anche la morte?

A me vengono da fare alcune riflessioni.

È una questione di principio. Certamente non possiamo rinunciare ai principi della fede e della morale, né essere sordi all’insegnamento della Chiesa. Tuttavia ho l’impressione che a volte si faccia utilizzo strumentale di alcuni testi, attraverso una lettura parziale ed ideologica. Ad esempio la citata Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II non riduce la donna a madre, casalinga, cuoca e rammendatrice, ma le restituisce una dignità e un ruolo, che forse facciamo ancora fatica a comprendere e attuare nella Chiesa e nelle nostre comunità particolari. Credo sia la tentazione antica e nuova, dalla quale Gesù aveva messo in guardia proprio “i suoi”: guardarsi dall’atteggiamento degli scribi e dei farisei, che usano la Legge per giustificare se stessi e poi per condannare gli altri. Quando si slegano i principi dall’amore del Padre (Mc 7,1-23).

È una questione di corresponsabilità. Certo. Nella società attuale sono venuti meno alcuni valori tradizionali. Sicuramente il comune senso del pudore si è ormai assuefatto a forme che offendono non solo la morale, ma anche la bellezza e la dignità delle persone. Ma la responsabilità è della donna in quanto tale? Non credo. La riduzione della persona a strumento; la mercificazione del corpo, dei desideri e dei sentimenti; la squalificazione del gratuito e il conseguente appiattimento sull’egoismo. Riguardano tutti, maschi e femmine. Con responsabilità di eguale grado. Non è colpa da attribuire alla sola donna. La violenza alle donne e ai più deboli riguarda tutti. La società tutta intera. In questo senso i nostri Vescovi sollevano alcune questioni sulla difesa della vita, specie dei più deboli e in ogni sua fase, come responsabilità di tutti e di tutta la comunità civile ed ecclesiale.

È una questione di accoglienza. Durante il mio pellegrinaggio a Santiago de Compostela, dolorante e accaldato, ho trovato riparo in una chiesa. Ho avuto vergogna nell’entrarvi per trovare frescura prima che per pregare; e nel pregare con la gamba distesa sul banco, per mantenerci sopra il ghiaccio. Un prete mi ha visto e mi ha sorriso, invece di rimproverarmi. Quel giorno ho capito che la Chiesa o è luogo accogliente o non è credibile. Non luogo dove tutti hanno ragione e tutti possono fare ciò che vogliono, dove non esistono categorie e problemi, ma eventi, storie e persone, abitati dall’amore del Padre. Luogo liberante di incontro con Gesù. Luogo di risonanza della Parola del Vangelo. Luogo educante per la testimonianza di tutti i fedeli e l’esemplarità dei suoi pastori, invece che attraverso volantini e segnali di divieto.

Mi piace una Chiesa che invece di giudicare e insegnare, prima di tutto sia capace di accogliere, di attrarre, di educare attraverso l’entusiasmo, di far star bene, di accompagnare chiunque e di abbracciare tutti. E dopo il resto (cfr. Dino Pirri, Dalla sacrestia a Gerico, ed Ave).

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1 commento

Ciao don Dino ho appena finito di assistere per 📺 al funerale di Giulia Cecchettin e mi è venuto in mente il tuo articolo del 26.12.2012 … siamo nel 2023 ed è ancora tutto ancora così uguale, si ripete, ancora…E tu come stai?

Debora

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