Gesù entra in Gerusalemme acclamato come «Colui che viene nel nome del Signore», ma subito si accorge che dietro le buone intenzioni degli osannanti si nasconde l’immagine tragica di un fico sterile, senza frutti.
E infatti comincia subito dal tempio. Via quelli che vendevano e quelli che compravano, via i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe, via coloro che hanno trasformato la casa di preghiera in un covo di ladri. Via le sacrosante tradizioni religiose con tutti i suoi riti sterili, senza frutti, a causa di una fede sedentaria e comoda.
La cosa deve aver scosso parecchio il popolo della Città santa e i loro responsabili, i quali decidono subito che Gesù debba morire, perché non sia interrotta la lunga tradizione del commercio misto a devozione, sterile, senza frutti, ma tanto mondanamente appagante. Quel predicare bene e razzolare male, che ha retto tutto fino ad ora. Ammesso che si sappia ancora predicare bene.
Quel fico senza frutti è maledetto da Dio, che però continua con fiducia la sua opera di premuroso agricoltore. Quel fico era il popolo di Israele e, per quanto ci piaccia o meno, oggi è la Chiesa. Dio può arrivare a maledire il popolo che ha liberato dalla schiavitù e condotta attraverso il deserto alla Terra promessa? Dio può maledire il popolo liberato dalla schiavitù del peccato e della morte? Dio può maledire la Chiesa?
«Nessuno mai mangi più in eterno i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono.
E allora chi ha il potere di guidare il popolo si mette in discussione? No. Se la prende con il Signore e mette in discussione la sua autorità, attraverso tutta una serie di stratagemmi maldestri e scorciatoie ipocrite. Ma anche Gesù non gliele manda a dire e si accende uno scontro aspro ed estenuante.
Alla fine «si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”». Questo è sincero, però. Davvero è in ricerca della verità e vuole comprendere.
«Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi”».
Niente di nuovo, ma ogni tanto è bene ricordare i principi e il fondamento. A quello scriba non viene data nessuna ricetta magica per trovare la via, la verità e la vita. Il vangelo è il vangelo. I comandamenti sono i comandamenti. Cosa vuoi di più? A volte concedi più attenzione a un aspetto e a volte a un altro. Dipende dalle circostanze, dalle fasi della vita, dalle sensibilità del momento. Ma le cose della fede sono quelle da sempre.
Ma quando le cose non vanno tanto bene, nei momenti di crisi. Quando qualcuno o qualcosa ti mette un po’ in discussione. Quando non vedi più i frutti di ciò che dovresti aver seminato bene, allora ti domandi: qual è la cosa più importante? Il primo comandamento?
Nella Chiesa facciamo i convegni. Adesso va di moda chiamarli “sinodi”. Eventi grandiosi e talvolta faticosamente preparati, che in genere producono alcuni frutti, che noi ecclesiastici chiamiamo “documenti”. E una volta il primo comandamento è l’educazione e la scuola, un’altra volta la famiglia e i valori non negoziabili, un’altra volta ancora i giovani e gli oratori, poi i piccoli, poi gli adulti, poi la Bibbia, poi i sacramenti, poi il sociale. Una continua oscillazione tra Dio e l’uomo, senza riuscire a tenere tutte le cose insieme.
«Organismi e realtà legate alla Chiesa, quando diventano autoreferenziali, perdono il contatto con la realtà e si ammalano di astrazione. Si moltiplicano inutili luoghi di elaborazione strategica, per produrre progetti e linee-guida che servono solo come strumenti di autopromozione di chi li inventa. Si prendono i problemi e li si seziona in laboratori intellettuali, dove tutto viene addomesticato, verniciato secondo le chiavi ideologiche di preferenza. Dove tutto, fuori dal contesto reale, può essere cristallizzato in simulacro, anche i riferimenti alla fede o i richiami verbali a Gesù e allo Spirito Santo» (papa Francesco).
«Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”».
A quello scriba sincero, come cerchiamo di essere tutti, quando ci mettiamo alla ricerca della Verità, Gesù risponde: «Non sei lontano, cioè ancora non sei entrato nel regno di Dio, ancora ti manca qualcosa».
Non dobbiamo, forse, sforzarci di produrre nuove alchimie immaginarie, ma abbiamo bisogno di qualcosa veramente nuovo. Una novità che dovremmo ormai conoscere in teoria, ma stentiamo a riconoscere nell’esperienza. Forse la soluzione non è rimettere in centrifuga tutte le “pastorali” possibili per vedere cosa esce fuori, scrivendo un altro documento.
Siamo a un passo dal regno di Dio. Dopo tante discussioni e confronti, siamo arrivati al punto cruciale. Finalmente Gesù ci sta rispondendo.
Ma la storia finisce così: «E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo». Neppure gli apostoli.