Gesù cammina insieme ai suoi discepoli e a molta folla. Sta partendo dalla città di Gerico, probabilmente con sollecitudine. Lui avanti e tutti gli altri dietro, ma non come discepoli che seguono il maestro.
Dopo aver annunciato la passione, morte e risurrezione, qualcosa si è rotto. L’esito della missione non rende tranquillo nessuno. Tutti hanno altri desideri, pensieri e progetti altri. E poi il grande scivolone di Giacomo e Giovanni, a chiedere di sedere uno a destra e uno a sinistra nella gloria, aveva palesemente raffreddato le relazioni. Gesù ha la consapevolezza che i più vicini a lui non hanno capito nulla. E i vicini fanno finta di niente. Hanno il cuore inquieto, impaurito e astioso, ma nessuno osa porre domande. Tutti fanno finta che va bene così. E una invisibile tenebra avvolge la scena.
Stanno in gruppo, ma non insieme. È giorno, ma non c’è luce. Camminano, senza voler stare da nessuna parte.
A rompere la monotonia le grida di un mendicante, che era cieco.
«Sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”».
Si chiama Bartimeo.
Nei confronti di chi lungo la strada chiede l’amore di Dio, cosa ci si aspetterebbe dalla Chiesa in cammino? Cosa ci si aspetterebbe dalla Chiesa che si mette in ascolto? Quale sarà la reazione a chi ci interpella sulla salvezza e grida, anche inopportunamente?
«Molti lo rimproveravano perché tacesse».
«Il Sinodo è un percorso di effettivo discernimento spirituale, che non intraprendiamo per dare una bella immagine di noi stessi, ma per meglio collaborare all’opera di Dio nella storia». Quando si alzano grida inaspettate – il Concilio Vaticano II li definirebbe “segni dei tempi” – come reagiamo?
Il Papa ci mette in guardia: può accadere che «il prete diventa alla fine il “padrone della baracca” e non il pastore di tutta una Chiesa che sta andando avanti». Quelli vicini a Gesù possono soffocare le grida che invocano salvezza ai bordi della strada. E la missione della Chiesa può apparire poco credibile, quando ancora oggi è indebolita da «alcune insidie da evitare».
«Organizzazioni ed entità ecclesiastiche, al di là delle buone intenzioni dei singoli, finiscono talvolta per ripiegarsi su sé stesse… come se la Chiesa fosse un prodotto delle nostre analisi, dei nostri programmi, accordi e decisioni».
Ci si può ridurre a una sparuta aristocrazia, una classe superiore di specialisti, isolata dal popolo, che viene guardato come «una massa inerte».
«Organismi e realtà legate alla Chiesa, quando diventano autoreferenziali, perdono il contatto con la realtà e si ammalano di astrazione. Si moltiplicano inutili luoghi di elaborazione strategica, per produrre progetti e linee-guida che servono solo come strumenti di autopromozione di chi li inventa. Si prendono i problemi e li si seziona in laboratori intellettuali, dove tutto viene addomesticato, verniciato secondo le chiavi ideologiche di preferenza. Dove tutto, fuori dal contesto reale, può essere cristallizzato in simulacro».
Si finisce col diventare ciechi davanti alla volontà del Signore e alla realtà che grida, mentre si rimane convinti di vedere meglio degli altri. Ci si può illudere «di “sistemare i problemi” con equilibrio, tenere le cose sotto controllo, accrescere la propria rilevanza, migliorare l’ordinaria amministrazione dell’esistente. Ma… una Chiesa che ha paura di affidarsi alla grazia di Cristo e punta sull’efficientismo degli apparati è già morta, anche se le strutture e i programmi… dovessero durare ancora per secoli». Sono le parole del Papa.
«Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. Chiamarono il cieco, dicendogli: “Coraggio! Àlzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. E il cieco gli rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!”. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada».
Gesù ha il coraggio di fermarsi e di interrompere quel triste corteo di abbagliati. Fa chiamare quell’uomo e lo ascolta e l’uomo ci vede di nuovo e si mette a seguirlo. E questa Parola risuona ancora scomoda, dentro ogni assemblea in cui quelli che credono di vedere precipitano, mentre un cieco patentato vede.
«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Gaudium et spes, 1).
Donaci, Signore, la sfrontatezza di questo vedere!