La strada, le sue ferite e le mie cicatrici

La strada, le sue ferite e le mie cicatrici

Dovrei essere a dormire già da molto tempo. La sveglia oggi suonerà alle 4. Verso Milano. E lunedì il lungo viaggio verso il Perù.

Da quasi 5 anni sono in viaggio. Quasi sempre sulla strada. A curare le mie ferite e quelle degli altri. Sulla strada incontro gente. Anche quando vorrei rimanere da solo. E quando finalmente cerco compagnia, magari arriva il tempo della solitudine. La fatica che cerco di nascondere. La gioia che vorrei condividere. Il mio desiderio di santità e il mio peccato insieme. Sulla strada. Dove ho imparato a stringere mani, donare abbracci, incrociare sguardi e storie. Nella libertà.

La strada è il luogo in cui si cade vittima dei briganti, come quel tale della parabola raccontata da Gesù. Quelli che ti portano via tutto, compresi i sogni e i sorrisi. Quelli che ti percuotono a sangue, con le armi della lusinga o dell’insulto, del giudizio e della mediocrità. Quelli che se ne vanno, proprio quando avresti bisogno di essere ascoltato, accolto, sostenuto. Loro se ne vanno. Dopo averti illuso. E ti lasciano mezzo morto. Cioè,  privo di speranza e di forze, convinto che sia impossibile rialzarsi anche questa volta, per riprendere il cammino.

Alcuni passano, si impietosiscono. Danno consigli e suggeriscono parole. Ma non giova a nulla. Eppure sono saggi. Eppure hanno esperienza. Eppure conoscono Dio e le sue leggi. Passano, appunto. Non è cattiveria o indifferenza, la loro. Semplicemente inefficacia.

Poi arriva chi non ti aspetti: Dio. Lo immaginavi sul trono regale nell’alto dei cieli, oppure come Giudice severo, dentro le frenesie della tua morale, troppo stretta rispetto al suo cuore. E invece te lo trovi accanto, sulla stessa strada. E proprio su quella strada che ti sei già pentito di aver percorso. Da sempre ti guarda, poi si avvicina, e infine si fa carico di te. Così come sei, là dove sei andato a finire.

La sua cura funziona. Per il solo motivo che si ferma per te. Si sporca le mani con il sangue del tuo dolore e si compromette con quella “mezza morte” delle tue delusioni. Versandovi l’olio della consolazione e il vino della speranza. E soprattutto si fa carico di te, della tua vergogna, del tuo fallimento, della tua paura di essere abbandonato. E il cuore guarisce, perché Qualcuno si è preso cura di te. Semplicemente.

Allora il mio camminare riprende, perché ho sperimentato questo. E continuo. E quando incontro fratelli e sorelle sul mio stesso cammino, non posso rimanere indifferente. Non per bontà, ma per rivivere la memoria di quella primordiale esperienza di salvezza.

Signore, non lasciarmi pulito nell’indifferenza, donami di lasciarmi sporcare dalle ferite altrui, senza mai perdere di vista le mie cicatrici.

«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

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