Penso a tutti i pellegrini di speranza che giungeranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari. Per tutti, possa essere un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, «porta» di salvezza (cfr. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale «nostra speranza» (1Tm 1,1).
Così scrive papa Francesco, all’indizione del Giubileo MMXXV, auspicando che esso sia l’occasione «di incontro vivo e personale con il Signore Gesù», come simboleggia la Porta Santa attraversata dai pellegrini, che vuole ricordare Gesù Cristo, porta della salvezza, secondo l’evangelista Giovanni (cfr. 10,7.9).
Ma Che cos’è un Giubileo?
Per rispondere, dobbiamo andare nella Bibbia, la Legge di Israele, ricordando uno dei comandi fondamentali.
Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti (Lv 25,23).
Quando Israele entra nella terra promessa, è bene consapevole di questo principio fondamentale: unico proprietario della terra di Israele è il Signore, il quale l’ha donata al suo popolo.
Da questa memoria perpetua, scaturisce l’obbligo di osservare un giubileo, ogni cinquant’anni.
Il Signore comanda di affidare in eredità la terra, «secondo il numero delle persone». La tribù più numerosa riceverà più terra. La tribù meno numerosa ne riceverà meno, «secondo il numero dei suoi censiti».
La terra sarà divisa per sorteggio; essi riceveranno la rispettiva proprietà secondo i nomi delle loro tribù paterne. La ripartizione delle proprietà sarà gettata a sorte per tutte le tribù, grandi o piccole". (cfr. Nm 26,52-56).
L’eredità di ogni tribù era divisa tra le famiglie, per cui la proprietà terriera familiare era limitata dalla legge, che ne vietava severamente l’espropriazione e ne limitava la vendita.
Non sposterai i confini del tuo vicino, posti dai tuoi antenati, nell'eredità che ti sarà toccata nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà in possesso (Dt 19,14).
Ogni famiglia aveva la propria terra, come dono del Signore. E la terra non poteva essere divisa, neppure tra gli eredi. Tutta una serie di prescrizioni sulla primogenitura e sul diritto matrimoniale, che a noi oggi sembrano ridicole, aveva lo scopo di non disperdere l’unità della terra.
Quando la povertà costringeva un proprietario a vendere la sua eredità, essa doveva rimanere all’interno della stessa tribù, come fu deciso al tempo dei padri. E quando questo non avveniva, i profeti non esitavano a lanciare i loro rimproveri contro coloro che accumulavano possedimenti terrieri.
Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nella terra (Is 5,8).
Nonostante questo principio, si creano ugualmente diseguaglianze sociali. Alcuni perdono la loro terra e disperdono l’eredità familiare. Addirittura sono costretti a vendere se stessi e l’intera famiglia, divenendo schiavi del creditore.
Allora, bisogna ricorrere ai ripari, nel rispetto della Legge del Signore.
Un ebreo poteva essere venduto a un altro ebreo, per saldare un debito, ma non poteva rimanere schiavo per tutta la vita. Poiché, come la terra non è nostra proprietà, ma dono del Signore, così anche la dignità del fratello, non può essere proprietà di alcuno, all’infuori di Dio.
Al settimo anno, bisognava essere liberati, a meno che non ci fosse l’esplicita e dichiarata volontà di rimanere schiavo per il resto della propria vita (cfr. Es 21,2-11).
E allora, ogni sette anni, si proclamava un anno sabatico, cioè un anno di riposo, nel quale si lasciava riposare la terra.
Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto, ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà consumato dalle bestie selvatiche. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto.
Per sei giorni farai i tuoi lavori, ma nel settimo giorno farai riposo, perché possano godere quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero (Es 23,10-12).
In quell’anno, i debiti venivano rimessi o sospesi. Gli schiavi ebrei venivano liberati.
Non abbiamo certezza che tutto questo fu effettivamente applicato dal popolo d’Israele, visti i numerosi rimproveri e le continue minacce da parte dei profeti, nelle varie epoche. Tuttavia, rimane il principio: la terra non è tua e non puoi sfruttarla come ti pare; la dignità del fratello non ti appartiene e non puoi fare quello che vuoi delle persone.
Al termine di sette settimane di anni (ogni cinquant’anni), dal decimo giorno del settimo mese (settembre-ottobre, secondo il calendario lunare), nel “giorno dell’espiazione”, il suono di un corno di montone indicava l’inizio di un anno straordinario.
Il corno era chiamato jôbel. Pertanto, l’anno straordinario prese il nome di giubileo.
Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell'espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi (cfr. Lv 25,8-17).
«In quest'anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà». Di conseguenza, quando si vendeva o si acquistava qualcosa al prossimo, il valore era valutato «in base al numero degli anni trascorsi dopo l’ultimo giubileo». In pratica, non si vendeva il campo, ma un certo numero di raccolti, fino al prossimo giubileo.
Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti.
Nell’anno giubilare, il fratello, che era caduto in disgrazia doveva essere liberato e poteva riscattare la sua eredità.
Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo; sia presso di te come un bracciante, come un ospite. Ti servirà fino all'anno del giubileo; allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri. Essi sono infatti miei servi, che io ho fatto uscire dalla terra d'Egitto; non debbono essere venduti come si vendono gli schiavi. Non lo tratterai con durezza, ma temerai il tuo Dio (cfr. Lv 25,23-55).
La pratica non è testimoniata con certezza in nessun testo, ma il principio è chiaro. E lo sono anche le conseguenze.
Tu non sei il padrone della terra e non sei il padrone dei tuoi fratelli. Al Signore appartiene ogni cosa e la dignità di ogni persona.
Allora, al giubileo: lascerai riposare la terra, libererai i prigionieri, condonerai i debiti, restituirai la dignità a ogni persona.
Trovo il Giubileo MMXXV un'occasione di grande urgenza e attualità, al di là di ogni iniziativa devozionista, turistica o folcloristica.