Il ricco e il povero

Il ricco e il povero

Domenica scorsa la Parola di Dio ci ha posto una domanda:  «Che ci fai con i soldi? Li usi per riempirti la pancia più che puoi e poi torna la fame o per assicurarti la felicità che non finisce?».

Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza" (Lc 16,13).

Qui eravamo rimasti, domenica scorsa. Questa la sintesi dell’insegnamento di Gesù. E da qui ripartiamo. Gesù continua il suo insegnamento. Non parla più di Dio e della ricchezza, ma di un povero (immagine di Dio) e di un ricco.

Abbiamo una scena molto comune: un povero che aspetta davanti alla porta di un ricco.

Il ricco non ha nome: davanti a Dio il ricco è insignificante. Noi ci ricordiamo il nome dei ricchi. Dio non se li ricorda. Il ricco mangia, si pulisce le dita unte con la mollica del pane e la butta per terra.

Il povero si chiama Lazzaro, che significa “Dio ha aiutato”. Dio si ricorda del nome del povero. Il povero sta davanti al ricco, «bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco». Il povero non cerca l’avanzo. Gli avanzi ce li teniamo per il giorno dopo. Il povero cerca lo scarto, quello che buttiamo.

Oggi nel mondo sono morte di fame circa ventiquattromila persone. Oggi in Italia abbiamo buttato più di dodicimila tonnellate di cibo. Noi italiani potevamo dare cinquecento chili di cibo a ogni persona che oggi è morta di fame nel mondo.

Qual è il problema, dice Dio: che ci sono poche risorse o che ci sono troppi egoisti? Qual è la soluzione, secondo il vangelo: diminuire le nascite o diminuire gli egoisti?

Il male non è necessariamente avere tanti soldi. Secondo la Bibbia il male è colui che ragiona così: «La vita è breve, consumiamo quello che vogliamo senza pensare alle conseguenze e godiamoci quello che possiamo senza pensare agli altri. Cerco solo il mio piacere e mi approfitto degli altri. Il mondo è dei forti e i deboli sono inutili, possono essere eliminati. Quelli che non ce la fanno, non sono un problema mio» (cfr. Sap 2,5-11).

Dio non pensa così. Dio si ricorda del povero Lazzaro. Dio si prende cura dei poveri e di tutti quelli che non ce la fanno. A Dio stanno a cuore quelli che perseguiti, quelli che disprezzi, quelli che deridi, quelli che ritieni meno importanti di te, quelli che ritieni non meritevoli di vivere, quelli di cui non ti interessa niente, quelli che ignori nella loro sofferenza, quelli che se muoiono è un bene per tutti (cfr. Sap 5,1-15).

Nel cuore di Dio la nostra prospettiva è capovolta e le nostre convinzioni sono messe in discussione: la storia non finisce, come noi immaginiamo. La storia non si esaurisce su questa terra, i valori del regno dei cieli non coincidono con le economie liberiste di questo mondo. Dio sta dalla parte dei poveri e degli abbandonati.

Gesù non vuole dirci semplicemente questo. Questo è ovvio. Lo sappiamo già.

Non dovrebbe sorprenderci che la nostra civiltà cristiana stia tramontando, se l’abbiamo stabilita sui principi del possesso e del dominio e dello sfruttamento delle persone e delle cose. Non dovremmo meravigliarci se dai paesi impoveriti dalle nostre convenienze, una moltitudine di disperati ci sta raggiungendo per toglierci quello che abbiamo rubato loro. Perché non dovrebbero invadere le città di quelli che buttano il cibo, mentre loro muoiono di fame?

Dio oggi ci dice qualcosa di più, perché a lui sta a cuore la nostra salvezza.

Dio non se ne sta a banchettare in cielo, abbandonandoci al nostro destino di morte. Anche se non lo meriteremmo. Anche se siamo la causa del nostro stesso male. Dio si prende cura dell’umanità che ha perso la felicità, la verità, la bontà, la bellezza, la pace.

La causa del male non sono i poveri che bussano alle nostre porte e attraversano le nostre frontiere. La causa di ogni male è che preferiamo essere servi del denaro, anziché  figli di Dio. Preferiamo seguire le logiche di questo mondo, anziché il vangelo.

Di cosa parliamo in famiglia, al lavoro, con gli amici? Parliamo di soldi o di Dio? Parliamo dell’economia o del vangelo? Pensiamo che per salvare questo mondo debba essere rinvigorita l’economia o la nostra fede?

Forse, senza rendercene conto ragioniamo come il ricco «che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti», mentre «un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe» e affamato.

Cosa ci hanno insegnato? Di cosa ci hanno convinti? Come si risolvono le crisi? Come si salva il mondo? Come si ottiene la pace? Come devono agire i governanti? Cosa insegniamo alle nuove generazioni? Cosa dite ai vostri figli e ai vostri nipoti?

Prima di tutto: pensa per te, ai tuoi problemi, ai tuoi diritti, alle tue necessità. E tutto e tutti devono ruotare intorno a te e in funzione di te. «Pensa per te che a me ci penso da me, anche perché ognuno pensa per sé», cantava Marcella Bella nel 1981.

Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma".

Poi, una volta che mi sento al sicuro, allora penso anche ai miei: quelli della mia famiglia, quelli del mio gruppo, quelli della mia parrocchia, quelli del mio paese. E gli altri si arrangino. Si arrangino lontano da noi. Si arrangino senza disturbare. Si arrangino a casa loro.

"Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento".

Invece Dio, ci invita alla conversione subito. Cambiare il cuore, cambiare la direzione, cambiare il passo, cambiare lo sguardo. L’Occidente già sta negli inferi, tra i tormenti, perché, per secoli, ha banchettato allegramente e non si è accorto dei poveri che stavano alla sua porta. E quindi, non si è accorto neanche di Dio, che è con i poveri.

La salvezza viene ogni giorno davanti alla nostra porta, mentre noi siamo tutti presi a guardare noi stessi e i nostri problemi.

La salvezza è a portata di mano, ma noi siamo indaffarati a difendere i nostri diritti, i nostri interessi, i nostri bisogni, i nostri privilegi.

I poveri, che stanno davanti alla nostra porta e al confine delle nostre terre egoiste, non li vediamo, non vogliamo vederli o facciamo finta di non vederli.

I poveri sono l’ultimo appello di Dio, perché non cadiamo nella rovina dell’egoismo, ma noi non lo ascoltiamo, non vogliamo ascoltarlo o facciamo finta di non ascoltarlo.

Il ricco della parabola va all’inferno, perché non si era accorto del povero Lazzaro. Non lo aveva visto. Non se ne era interessato. Non se ne era preoccupato. Non lo aveva cercato.

La salvezza non è persa per cattiveria o per incapacità o per impossibilità. La salvezza si può perdere anche per pigrizia o indifferenza o semplicemente per distrazione.

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