La nostra giornata Insieme a San Benedetto martire si apre con questa allegra storia di una strage di fratelli al tempo dei Maccabei (cfr. 2Mac 7,24-30.36-41).
Erano sette fratelli, che resistono alla tentazione di abbandonare la fede dei padri, dietro promesse di grandi vantaggi che alla fine, fino al sacrificio della vita. Vengono brutalmente trucidati, insieme a loro madre. Questa loro decisione estrema, li accomuna al nostro martire Benedetto.
Ma in tutti i racconti di martirio c'è un grosso guaio: non sono gli stessi martiri a raccontare, ma coloro che sono sopravvissuti. Pertanto, c'è la tendenza a esagerare gli aspetti "eroici" della fede, eliminando ogni accenno di debolezza, a scapito della realtà.
L'immagine che ne viene fuori è questa sorta di racconto epico e disincarnato, in cui i santi in questione vengono rappresentati come delle semidivinità del Pantheon antico o come una sorta di supereroi della Marvell. Così i sette fratelli e la loro madre e così il soldato Benedetto, con l'elmo lucente, i muscoli in evidenza e lo sguardo, sprezzante del pericolo.
L'immagine di una fede irreprensibile e di una indefessa testimonianza, riservata a persone forti, decise, indiscutibilmente coerenti, dall'aurea mitica e dall'indole eroica. Spesso confondiamo la santità con la spavalderia.
Ma chi lo ha detto che questa sia la verità?
Se so potesse dare voce ai santi martiri in persona, probabilmente ci racconterebbero tutta un'altra storia. Ci rappresenterebbero la loro vita fragile e incoerente di cristiani del loro tempo, i loro dubbi di fede e la mancanze di carità. Ci confesserebbero la loro paura e la loro celata intenzione di cedere alle proposte di convenienza, pur di salvare la pelle. Dopotutto avrebbero potuto continuare a essere cristiani, in segreto.
Forse, quel lontano 13 ottobre a Cupra Marittima, il soldato benedetto se la sarà fatta addosso dalla paura. Forse, la sua vita non faceva emergere alcuna virtù superiore, né alcuna devozione particolare. Un cristiano peccatore, come ce ne sono tanti.
Ma in quel momento, davanti alla necessità di rendere ragione della speranza che aveva incontrato in Gesù Cristo e nella sua Chiesa, prende una decisione e non rimane indifferente: «Ho tanta paura, non voglio morire, non sono neanche sicuro che ci sia davvero un'altra vita, non sono neanche tanto sicuro di quello che c'è scritto sul vangelo o che vanno predicando i preti, ma voglio fidarmi di Dio, più di me stesso. Non sono certo un cristiano esemplare, ma tutte le volte che mi sono fidato del Signore, non sono mai rimasto deluso».
Non so se Benedetto fosse un buon cristiano, come lo intendiamo noi, ma in quel giorno decisivo si è fidato della Parola di Dio, più che di tutti gli altri e di tutto il resto.
Così, guardando lui, con la sua probabile imperfezione, anche io oggi posso decidere di fidarmi del Signore, anche se non sono un bravo cristiano e neanche un buon prete. La mia fiducia non è legata alle mie capacità o al mio coraggio, ma alla capacità e al coraggio di Dio, che prende uno come, sempre mancante, come amico suo e come segno dell'amore suo.
Diversamente dovrei stare sempre sotto esame, per fare finta di essere bravo e buono, per dimostrare di essere all'altezza e di aver meritato tutto quello che ho ricevuto. Dovrei nascondere a tutti i costi di essere un peccatore, per salvaguardare la mia reputazione cattolica. E diventerei un giudice spietato di chiunque non fatichi come me e non si sacrifichi per conseguire i miei medesimi risultati. E diventerei invidioso dei migliori di me. Fino a farmi scoppiare il fegato di rabbia, invidia e frustrazione. Sentimenti che si ritrovano negli atteggiamenti di molti che dicono di essere buoni cristiani, effettivamente.
E infatti, oggi, Gesù, nel vangelo (cfr. Lc 12,1.4-9.11-12,23-26) che abbiamo appena ascoltato ci dice che il problema più grave non è la paura o la debolezza o l'errore o il peccato o il dubbio o la mancanza di devozione o l'incoerenza o il poco impegno.
Gesù cominciò a dire innanzitutto ai suoi discepoli: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia».
Oggi invochiamo l'intercessione del santo martire Benedetto, che forse qualche volta non sarà andato a messa la domenica o si sarà dimenticato di dire le preghiere, ma nell'ora decisiva si è fidato di Dio, dicendo: «Signore, io sono un peccatore, ma se tu mi chiami ora a essere santo, mi fido di te e sono disponibile a essere santo, mettendo da parte tutti gli altri miei progetti e intenzioni».
I farisei, quando si convincono di essere sempre giusti, sono ipocriti. I peccatori, quando si fidano soltanto di Dio, diventano santi.